“A prescindere dall’importanza che ebbe la Scuola Siciliana già negli anni Trenta del XIII° secolo nella creazione poetica in lingua volgare e, quindi, quale spinta allo sviluppo di un italiano scritto, pensiamo a quanto sia bella la nostra lingua quando non ci si fermi all’uso fiorentino di un termine, o a quanti aggettivi possano descrivere il medesimo (s)oggetto o di quale ricchezza si possa godere attingendo a più fonti. La pluralità linguistica, il mischiare alto e basso, l’inventare neologismi, sono del resto tutte caratteristiche che Dante apprezzava e applicò egli stesso nella sua Commedia.
“Pensare di ancorare l’italiano a un testo del Trecento fruibile solamente se acculturati è un’operazione elitaria e borghese, espressione ancora una volta di un’egemonia economica (e/o accademica) che poco si sposa con le necessità storiche e sociali a cui si deve rifare un sano sviluppo linguistico.” [. . .] –Simona Maria Frigerio, The Black Coffee, January 23, 2021.