“[. . .] Ecco l’incipit de La Divina Mimesis: «Intorno ai quarant’anni, mi accorsi di trovarmi in un momento molto oscuro della mia vita. Qualunque cosa facessi, nella Selva della realtà del 1963, anno in cui ero giunto, assurdamente impreparato a quell’esclusione dalla vita degli altri che è la ripetizione della propria, c’era un senso di oscurità. Non direi di nausea, o di angoscia: anzi, in quella oscurità, per dire il vero, c’era qualcosa di terribilmente luminoso: la luce della vecchia verità, se vogliamo, quella davanti a cui non c’è più niente da dire».
“È un incipit terribile. Solitudine, aridità, vecchiaia, morte. Fine di ogni illusione. Non c’è più niente da dire. Il popolo vagheggiato da Pasolini non esiste più, è diventato piccolo borghese. La società contadina è stata spazzata via dal capitalismo globale. Il Potere non ha più volto, ci sono nuovi padroni, ma chi sono? L’omologazione completa, il conformismo totale, si fanno strada implacabili attraverso i media, in particolare la televisione. Moriremo di risate, l’intrattenimento al posto della cultura. Il consumismo sarà la nuova ‘ideologia,’ simpatica e tollerante per finta, totalitaria nella realtà. Al nuovo mercato mondiale, occorrono consumatori fatti con lo stampino, uguali uno all’altro, intercambiabili: è una questione di efficienza, e l’efficienza è l’unica regola del capitalismo globale. [. . .]” –Alessandro Gnocchi, “L’Inferno di Pasolini,” Insula Europea (October 24, 2021)
Read the rest of Alessandro Gnocchi’s discussion of La Divina Mimesis here.
Read a selection (“Canto VII”), translated into English by Bruce Merry, in the London Magazine’s Archives.