“Una cosa interessante è questa: le celebrazioni per i centenari di Dante non sono così antiche, la prima è quella del 1865. Il centenario del 1865 fu grandioso, perché veniva subito dopo l’unità d’Italia e Dante in quell’occasione era diventato il padre della patria. Alcuni hanno criticato questa attribuzione, e da un punto di vista strettamente storico è sbagliata: Dante credeva nella monarchia universale, aveva fiducia nell’imperatore, quindi non aveva un’idea di Italia politica. Però, allo stesso tempo, quella parola ‘Italia’, che risuona così pregnante, così calda in certi versi di Dante (‘Ahi serva Italia, di dolore ostello, non donna di province, ma bordello!’), non è una semplice definizione geografica: è un concetto culturale e si basa su di una comunanza di cultura e di lingua tra gli italiani in cui Dante credeva. Le celebrazioni del 1921 furono in chiave un po’ nazionalista: tirava già aria di fascismo imminente. E fu la volta di Ravenna, che ne fu protagonista. Come si caratterizza il centenario del 2021 rispetto agli altri? Credo che questo sia l’anniversario in cui si è tentato un maggior coinvolgimento popolare e spettacolare: sono stati messi in cantiere molti eventi teatrali, musicali, anche non strettamente legati alla filologia di Dante ma in qualche modo da lui suggeriti. Quindi a maggior ragione sarebbe importante essere liberi per poter avere tutto questo fervore di attività artistiche ispirate da Dante.” [. . .] –Elisa Bianchini, Corriere Romagna, January 13, 2021.