“La figura di Dante come forgiatore e fabbro della lingua è veramente affascinante. Ci sono parole molto colte e dotte, per esempio, in apertura del Paradiso, trasumanare, cioè superare i limiti della condizione umana, proprio come Dante stava sperimentando in quel momento. C’è, poi, una serie di composizioni. Faccio due esempi, a partire dello stesso meccanismo, che ora descrivo: si parte da un sostantivo, si fa un verbo e, eventualmente, ci si aggiunge un prefisso. Questo meccanismo è lo stesso che usiamo anche noi oggi: cliccare deriva dal sostantivo (onomatopeico) clic, chattare dal sostantivo chat, e così via. È uno di quei meccanismi che nella nostra lingua funzionano nella formazione delle parole, aldilà del tempo. Nell’Inferno, quando si parla dei diavoli che prendono coi loro uncini i barattieri, Dante adopera una serie di verbi, il più strepitoso dei quali è forse arruncigliare, che viene da runciglio, ossia uncino. Il bello di parole come queste è che sintetizzano, in una sola formazione verbale, il senso di un’immagine. Questa è la forza del poeta, che sa concentrare nelle parole un intero concetto e un’intera immagine.” [. . .] –Giovanna Frosini, Frederico Pani, January 9, 2021.